La pandemia da Covid ha accelerato la rivoluzione delle terapie digitali, un approccio al trattamento di molte malattie croniche, che combina farmaci e dispositivi medici attraverso intelligenza artificiale e dispositivi tecnologici.
A fare il punto sulla rivoluzione in atto nel settore farmaceutico è stato il workshop "La sfida dell'innovazione terapeutica centrata sui bisogni della persona. Aspetti regolatori e accesso alle terapie", promosso dall'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell'Università Cattolica di Roma, in collaborazione con Farmindustria.
«L'accelerazione impressa dalla pandemia è stata evidente nell'ambito dei vaccini, degli anticorpi monoclonali e degli antivirali, sviluppati in tempi da record beneficiando di tanti anni di ricerca anche di base, pregressa», spiega Americo Cicchetti, direttore di Altems. Ma «la pandemia ha anche fatto da apripista alle digital therapeutics (terapie digitali), sdoganando le soluzioni di telemedicina, aumentando la propensione al trattamento a domicilio e gli investimenti nella digitalizzazione». A fronte di questo, «le agenzie regolatorie sono chiamate a adattare i criteri di analisi del valore, per stabilire un prezzo a questi nuovi prodotti in arrivo», spiega Cicchetti.
Dello stesso parere Annalisa Capuano, esperta della Società Italiana di Farmacologia (Sif), «L'emergenza Covid ha impresso un'accelerazione all'innovazione farmacologica e del processo regolatorio, portando anche al riposizionamento di diversi principi attivi già utilizzati per alcune malattie». Come, ad esempio, il remdesivir «la prima molecola che ha beneficiato della rolling review, strumento importante per accelerare il processo approvativo», ed è stato seguito da altre, come molnupiravir, la pillola anti-Covid a domicilio.
«Innovare - afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria - vuol dire sia scoprire qualcosa che ancora non esiste sia portare innovazioni a prodotti già esistenti per rispondere sempre meglio ai bisogni di salute. Un tipo di innovazione terapeutica centrata sulla persona che può essere fondamentale per la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver. Perché consente di ridurre il numero di dosi che il Paziente deve assumere, utilizzare le nuove tecnologie per semplificare il monitoraggio delle cure e la somministrazione dei farmaci, migliorare l'aderenza alle terapie,dispensare il trattamento a casa invece che in ospedale.Con un risparmio concreto per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e un miglior esito delle cure. C'è quindi bisogno di una nuova governance che riconosca questo ruolo fondamentale, per costruire un SSN moderno e adatto ai tempi per assicurare un migliore accesso alle terapie». «Stiamo assistendo a un cambio di paradigma, con la disponibilità di terapie geniche che, non solo curano, ma arrivano a eliminare alcune malattie, prima ancora che si manifestano i sintomi, modificando l'assetto genomico della persona». Questo però «deve portare a valutare l'impatto di un intervento terapeutico sulla gestione complessiva della malattia». Lo ha detto Guido Rasi, già direttore dell'Agenzia Europea del Farmaco (Ema) e direttore clinical trial center fondazione policlinico Gemelli Irccs. Nuovi sistemi di drug delivery, per esempio, consentono oggi il direzionamento selettivo dei farmaci verso il sito d'azione. Così facendo, «la stessa molecola ha un effetto diverso da prima», sottolinea Rasi. Per questo, «è diventato anacronistico valutare separatamente farmaci, procedure e dispositivi medici». Per andare di pari passo con l'innovazione e «per determinarne il reale valore, bisognerà valutare nel suo insieme l'impatto di un intervento terapeutico sulla gestione complessiva della malattia».
«L'Europa in materia di ricerca farmaceutica sta perdendo terreno». Parla così Alessandro Chiesi, Chief Commercial Officer, Chiesi Farmaceutici, portando d'esempio anche alcuni dati: «Il 47% di nuovi trattamenti terapeutici a livello globale sono di origine statunitense, la quota europea di investimenti globali in Ricerca e Sviluppo sta diminuendo, negli ultimi 30 anni gli investimenti in Ricerca e Sviluppo in Europa sono cresciuti 4,5 volte mentre ma negli Stati Uniti nel frattempo sono cresciuti di 8 volte. Ciò rappresenta una completa inversione di tendenza rispetto al Panorama di appena 25 anni fa in cui l'Europa godeva di una piena sovranità scientifica e di accesso». È importante, quindi, «snellire le norme necessarie per studiare e lanciare nuovi medicinali nei mercati europei.
Anche Lucia Aleotti, Azionista e Membro del Board, Menarini, si sofferma sulla prospettiva dell'industria europea. «Noi come settore esistiamo in quanto esistono i pazienti e le loro necessità cui dobbiamo rispondere», precisa Aleotti. «La sfida dell'innovazione terapeutica è centrata sui bisogni della persona», spiega Aleotti che elenca, quindi, l'importanza degli aspetti regolatori, dell'accesso alle terapie e ruolo della localizzazione. «Abbiamo bisogno di farmaci che rispondano esattamente alla necessità del paziente perché altrimenti è costretto a continui aggiustamenti di una terapia, c'è bisogno che i farmaci arrivino nella maniera più capillare possibile vicino al paziente per evitare accessi agli ospedali o analisi non necessarie».