Politica e Sanità

nov212021

Medicina di genere, Morini (Siti): "Serve maggiore informazione da parte del personale sanitario"

Nonostante il Servizio sanitario nazionale garantisca il mantenimento della salute psichica e fisica di tutta la popolazione, senza distinzioni economiche o sociali, resta ancora aperto il tema della medicina di genere soprattutto in termini di formazione, informazione e sensibilizzazione dei professionisti della sanità. A parlarne a Sanità33, è Mara Morini coordinatrice nazionale per la Società italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità pubblica (Siti) del gruppo di lavoro Primary Heatlh care che collabora con l'associazione Medicina europea di genere.

"Su determinate patologie, in primis cardiovascolari, neurologiche, osteoarticolari, queste cosiddette 'differenze di genere' sono prevalenti in termini di manifestazioni. Ma negli anni abbiamo affrontato la tematica più da un punto di vista clinico e assistenziale e meno in fatto di diagnosi, terapia, cura e riabilitazione". Quest'anno, probabilmente anche per la scossa data dalla pandemia, il tema è stato affrontato più ampiamente. Ma che cosa si sta facendo nel concreto? "I dati di un questionario sottoposto al personale sanitario dell'area metropolitana bolognese - spiega Morini - ci dicono che alla domanda "ha mai sentito parlare di medicina di genere"? il 45% del campione ha risposto di no. E questo ci fa capire quanto questo tema sia ancora trascurato, o poco affrontato. Sebbene ci sia stato uno sviluppo normativo e legislativo. Mi riferisco alla legge 3 del 2018, portata avanti dalla senatrice Paola Boldrini, che ha portato a sottolineare, dal punto di vista legislativo, il tema della medicina di genere e a far sì che l'attuazione di questa legge venisse poi realizzata attraverso un Piano ad hoc".
La pandemia ha evidenziato come le più penalizzate dal punto di vista lavorativo siano state proprio le donne, che più degli uomini si sono ritrovate a perdere il lavoro. A dicembre del 2020 erano 90mila quelle colpite. "Le donne - aggiunge Morini - hanno una vita più lunga ma spesso più mortificata da malattie croniche. Serve, quindi, prevenzione e diagnosi precoce ma anche organizzazione di servizi in funzione del genere. Ma è importante la personalizzazione del servizio che si tratti di uomini o donne".

Va nella direzione di una maggiore prossimità ai pazienti la scelta, all'interno del PNRR, di potenziare le case di comunità o prossimità. "Credo che sia il momento giusto. Ora o mai più. La letteratura ha dimostrato che le cure di assistenza primaria producono maggiore salute rispetto alle cure specialistiche che, naturalmente, non devono essere annullate. Servono figure in grado di 'comporre', perché la complessità dell'assistenza territoriale sta nelle sue sfaccettature. A volte la complessità non è data dalla gravità della malattia, ma dal contesto in cui si svolge. Servono figure come gli assistenti sociali, serve il coordinamento, fare rete fra i servizi territoriali e tutte le risorse che offre il territorio creando delle progettualità comuni che possono girare intorno a determinate realtà. È importante, quindi, avere una rete che riesca a tenere a domicilio le persone, migliorando la loro vita dando risposte giuste ed evitando sprechi di risorse".
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